Saggi e contributi scientifici

Il reddito sportivo dell’atleta professionista: disciplina fiscale


Abstract


Per delineare il trattamento fiscale dei corrispettivi in danaro e degli ulteriori eventuali elementi remunerativi complementari alla retribuzione principale dell’atleta professionista è essenziale aver riguardo allo speciale rapporto di lavoro[1] dallo stesso instaurato con la società[2] presso cui rende le proprie performance.

Sotto quest’aspetto, peraltro, l’opposta “figura”, quella del “dilettante” risulta carente di qualificazione ex lege quantomeno in positivo.

E’ noto, infatti, come l. n. 91/1981 dopo un’enunciazione programmatica contenuta nel primo articolo, secondo cui «l’esercizio dell’attività sportiva, sia essa svolta in forma individuale o collettiva, sia in forma professionistica o dilettantistica, è libero»[3], si rivolga al solo professionismo prevedendo, tra l’altro, che l’atleta possa rientrarvi eseguendo prestazioni definite in base a requisiti specifici che, invero, il CONI avrebbe dovuto individuare congiuntamente alle Federazioni nazionali di ciascuna specialità[4]. Tanto, tuttavia, è rimasto a lungo inattuato e, quando il Consiglio nazionale è finalmente intervenuto[5] per le relative determinazioni le ha riservate all’autonomia statutaria di ciascuna disciplina sportiva, in tal modo procedendo tramite “autoqualificazioni” [6].


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Riferimenti bibliografici





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