Giurisprudenza annotata

2.6. Consiglio di Stato, sez. V, 25 febbraio 2009, n. 1115


Abstract


Con la pronuncia in esame il Consiglio di Stato si esprime in merito alla distinzione tra atto meramente confermativo ed atto confermativo a carattere rinnovatorio e alla legittimità o meno del diniego opposto ad una impresa classificatasi seconda in una gara di appalto di accedere agli atti riguardanti l’esecuzione del contratto di appalto stipulato dalla P.A. con l’aggiudicataria.

Il Giudice d’appello amministrativo afferma che, coerentemente a quanto espresso nelle pronunce dell’Adunanza Plenaria n. 6/2006 e n. 7/2006 del Consiglio di Stato, “il provvedimento esplicito di diniego, fondato su una espressa motivazione, che richiama i risultati dell’istruttoria compiuta e della valutazione effettuata, non possa mai assumere le caratteristiche dell’atto “meramente confermativo” di un precedente silenzio con valore legalmente tipico di diniego. La conferma “mera”, infatti, si verifica solo nei casi in cui la nuova determinazione dell’amministrazione si limiti a ripetere il contenuto del precedente provvedimento, senza aggiungere alcun ulteriore supporto motivazionale e senza percorrere una rinnovata istruttoria delle circostanze ritenute rilevanti ai fini della valutazione dell’istanza proposta dal richiedente. Qualora l’amministrazione adotti un atto di identico contenuto dispositivo di un altro precedente, ma arricchito da una puntuale motivazione prima inesistente, o basato su elementi istruttori prima non considerati, si è in presenza di un atto confermativo, a carattere rinnovatorio, che modifica la realtà giuridica, riaprendo i termini per la proposizione del ricorso giurisdizionale da parte dei soggetti che ne intendano contestare la legittimità”.

Nel caso di specie, il diniego impugnato non richiama affatto il precedente silenzio e la sua ipotizzabile inoppugnabilità, ma entra nel merito della richiesta di accesso e la respinge, spiegandone puntualmente le ragioni, basate sull’asserito difetto di interesse del richiedente, tenendo conto, fra l’altro, dell’apporto fornito dalla memoria prodotta dall’impresa.

In applicazione del principio, nella fattispecie de qua, i Giudici di Palazzo Spada hanno ritenuto che non poteva considerarsi meramente confermativo il diniego impugnato, atteso che sussistevano entrambi i requisiti (rinnovata istruttoria; arricchimento della motivazione) caratterizzanti l’atto di conferma propria e la sua netta distinzione dall’atto meramente confermativo (conferma c.d. mera od impropria).

Per quanto riguarda la seconda questione, il Consiglio di Stato ritiene che sia da considerare illegittimo il diniego di accesso ai documenti riguardanti l’esecuzione di un contratto di appalto stipulato tra un Comune e l’impresa aggiudicataria nel caso di istanza presentata da una ditta classificatasi al secondo posto nella gara di appalto che abbia giustificato la propria richiesta, indicando, puntualmente, l’interesse attuale, diretto e concreto fatto valere ai sensi dell’art. 22 della legge n. 241/1990, consistente nella verifica della corretta esecuzione da parte dell’impresa aggiudicataria del contratto stipulato all’esito della procedura selettiva.

L’appellante, infatti, aveva chiesto di venire a conoscenza dei documenti per dimostrare, attraverso la prova dell’inadempimento delle prestazioni contrattuali, l’originaria inadeguatezza dell’offerta vincitrice della gara. L’accertamento di questa circostanza sarebbe particolarmente utile all’appellante nel giudizio amministrativo, pendente in appello, proposto dall’interessata contro gli atti di aggiudicazione del servizio.

In questa prospettiva, il Consiglio di Stato afferma che “la posizione dell’appellante è nettamente differenziata da quella del comune cittadino che aspira ad un “controllo generalizzato” dell’azione amministrativa ed è certamente collegata al presupposto normativo fissato dall’articolo 22 della legge n. 241/1990, secondo cui, per ottenere l’accesso è necessario dimostrare un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso”.


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