Giurisprudenza annotata

8.2. Consiglio di Stato, sez. V, 30 settembre 2010, n. 7214


Abstract


Il Consiglio di Stato ha ribadito la profonda distinzione che intercorre tra le società c.d. “in house” e quelle a partecipazione mista costituite ai sensi dell’art. 113, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000. Difatti, «la differenza tra la società in house e la società mista consiste nel fatto che la prima agisce come un vero e proprio organo dell’amministrazione dal punto di vista sostanziale (e, per questo, è richiesto il requisito del controllo analogo a quello esercitato sui proprio servizi dall’amministrazione aggiudicatrice e della destinazione prevalente dell’attività dell’ente in house a favore dell’amministrazione stessa), mentre la diversa figura della società mista a partecipazione pubblica, presuppone la creazione di un modello nuovo, nel quale interessi pubblici e privati trovino convergenza. In quest’ultimo caso, l’affidamento di un servizio ad una società mista è ritenuto ammissibile a condizione che sia svolta una unica gara per la scelta del socio e l’individuazione del determinato servizio da svolgere (delimitato in sede di gara sia temporalmente che con riferimento all’oggetto)». 
Tali principi sono stati suffragati dall’interpretazione della Corte di Giustizia UE che ha «ritenuto l’ammissibilità dell’affidamento di servizi a società miste, a condizione che si svolga in unico contesto una gara avente ad oggetto la scelta del socio privato (socio non solo azionista, ma soprattutto operativo) e l’affidamento del servizio già predeterminato con obbligo della società mista di mantenere lo stesso oggetto sociale durante l’intera durata della concessione».

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Riferimenti bibliografici





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